Lo stivale è la seconda pelle di un cavaliere. E’ l’orma dei suoi passi. E Jerry Smit di passi ne ha compiuti. Sintentizzando il più possibile, ha rappresentato l’Italia in 3 edizioni di Giochi Olimpici, Mondiali e Finali di Coppa del Mondo; è stato il vincitore del Pulsar Triple Crown 2000 e conta la partecipazione a 5 Campionati d’Europa.

Una carriera brillante condivisa con 6 trainer d’eccezione: Philippe Le Jeune, Thomas Fuchs, Henk Nooren, Hans Hoorn, Ludger Beerbaum e Franke Sloothaak. Il riconoscimento di Jerry Smit va a Silvana Lucchini e Luciano Dada: “Mi hanno sostenuto a lungo permettendomi questa carriera”. 

Tanti sono stati i cavalli con i quali ha scritto la cronaca sportiva italiana di vertice. Lo stivale, però, è sempre stato lo stesso: Parlanti.

Ripercorriamo le tappe di una vita insieme a Jerry e ai suoi cavalli del cuore…

Governor, i primi Giochi Olimpici

Il tecnico era Graziano Mancinelli. E io ero un cavaliere 21enne alla guida di uno straordinario cavallo di 9 anni. Mancinelli ebbe il coraggio di puntare su di me canalizzandomi in un percorso formativo di Coppe delle Nazioni che mi ha poi condotto fino alle Olimpiadi di Barcellona’92. E’ difficile descrivere il bouquet di emozioni che si prova: essere parte di un tutto a cinque cerchi, trovarsi a rappresentare il proprio paese, a 21 anni, insieme al clou del mondo sportivo, è qualcosa di troppo forte da poter essere davvero descritto. Di quella esperienza ho, però, il ricordo vivido di un 17mo posto raggiunto grazie al supporto di Philippe Le Jeune e vissuto con una consapevolezza: che si trattava di una fase della mia vita e come tale dovevo viverla; che rimanere agganciato al luccichìo di un traguardo mi avrebbe impedito di migliorarmi sportivamente e, al tempo stesso, di accettare la potenziale irripetibilità dell’impresa”.

Falco Z, il primo Campionato del Mondo

Era il 1994. Mondiali di Den Haag.  Il cavallo era in splendida forma, ma io non ho retto la pressione e non è andata bene. Ho avuto però la forza di farmi aiutare da uno psicologo sportivo. A differenza di oggi, allora sembrava quasi scandaloso ma a me non interessava l’opinione altrui. Avevo capito che il difetto era nella mia testa e ho iniziato, senza scuse e a  capo chino, il mio cammino psicologico. E’ più difficile controllare lo stress che imparare a montare a cavallo”. 

Constantin: la migliore delle Olimpiadi, il più emozionante dei Mondiali

Sono arrivato ad Atlanta’96 più maturo. Ho vissuto la sfida con un altro approccio. E’ stata l’Olimpiade che mi ha dato più soddisfazione: il mio 19° posto individuale era più consapevole rispetto al 17mo piazzamento di Atlanta”.

Due anni dopo, lo Stadio Flaminio, WEG Roma’98. “Rappresentare il tuo paese a un Mondiale che si gioca in casa ha un sapore diverso, quello di appartenere a un movimento di vertice dal punto di vista sportivo e organizzativo. Entrare in campo davanti al pubblico di casa è il sogno di tutti gli atleti.  Tornando al mondiale, dati alla mano, niente podio, ma ci siamo difesi”.

Lux Z: Sydney con Gianni Govoni

Secondo le proiezioni dei media, forte del 13° piazzamento agli Europei di Hickstead (1999) e del mio 6° posto nel ranking mondiale aggiornato in prossimità delle Olimpiadi, a Sydney 2000 mi aspettava un podio. Qualcosa invece è andato storto. Per centrare un appuntamento simile il binomio deve rendere al 100% e così non è stato. Il cavallo non ha performato come era capace di fare e io me ne sono assunto la responsabilità. Può accadere. I miei ricordi di Sydney sono per lo più legati a Gianni Govoni (anche lui ambassador Parlanti). D’altronde con lui di ricordi ne ho una collezione. Abbiamo condiviso molte sfide e anni di programmazione.  Alle Olimpiadi abbiamo partecipato come individuali, quindi più che una squadra eravamo un duetto. Indimenticabile la sfida a cinque cerchi come tutto il precedente percorso che abbiamo affrontato per qualificarci individualmente rientrando tra i migliori cavalieri d’Europa nella computer list mondiali”.

Jamiro, il primo gradino del podio nella finale Samsung Nations Cup

Jamiro è stato il cavallo con più qualità di tutti, ma aveva un carattere particolare. Uno di quei cavalli che devi portare dalla tua parte perché la sua collaborazione non è scontata. Alla fine, decideva lui: se un ostacolo non gli piaceva non c’era verso di convincerlo. Genio e sregolatezza! Con lui, oltre ad aver centrato un gran numero di Gran Premi di CSIO e firmato un doppio netto nella Nations Cup di Aachen (2° posto del team Italia), ho vissuto la vittoria nella finale Samsung Nations Cup 2002 (Donaueschingen). Un successo storico condiviso con Gianni Govoni e Bruno e Vincenzo Chimirri. Il primo gradino del podio a squadre ha un significato diverso da quello individuale, perché riflette la salute sportiva di un intero movimento nazionale. E noi, dopo tante attese e disfatte, eravamo felici di aver segnato un ennesimo punto di partenza verso obiettivi futuri”.

Nadir di San Patrignano, Europei in casa nella casa

Nadir vuol dire San Patrignano e chiunque abbia un pò di memoria equestre non può non menzionare SanPa tra i ricordi più belli, sotto il nome di Vincenzo Muccioli prima e dei suoi figli Giacomo e Andrea poi. Nadir vuol dire Europei 2005 in casa Italia. Io sono entrato in campo, a San Patrignano, con un cavallo allevato a San Patrignano. Non credo che servano altre parole per far capire quali emozioni potessi sentire dentro. Non era un periodo florido per l’equitazione italiana, quindi il nostro 4° in Coppa suonò come una vicinanza al podio più che come una disfatta”. 

Parlanti: per sempre

Quando c’è una trasformazione non esiste lutto. Jerry Smit non si è allontanato dai campi gara, ha solo puntato il focus su un lavoro dietro le quinte e, dopo aver lanciato il salto ostacoli di vertice nel “Paese di mezzo” in qualità di co-manager del Longines China Tour, stanzia attualmente in Francia per dirigere o coordinare le svariate attività equestri (sportive e organizzative) che fanno capo a Sadri Fegaier (Harras de Grillon, Hubside Jumping, CO di Valance e St Tropez).

Non è escluso che torni a fare gare. Quel che è certo è che mi piace quello che faccio ora e ci metto molta passione. Una cosa resterà comunque sempre immutata: il mio rapporto con Parlanti. Daniele è il numero 1 nel mondo e – sottolinea Smit – nessuno è stato mai capace di uguagliarlo. Ho indossato tutti i suoi modelli, vivendo la sua continua e inarrestabile evoluzione, dallo stivale senza cerniera al KK Boots. Lo ringrazio per questo, per la sua vicinanza sportiva e per il suo talento al servizio dello sport”.